mercoledì 8 maggio 2013

IL PROBLEM BASED LEARNING

Affinchè una  proposta educativa risulti innovativa ed efficace diviene di fondamentale importanza la scelta di strumenti digitali che sviluppino al loro interno la metodologia didattica del Problem Based Learning. Si tratta di una tecnica pedagogica "rivoluzionaria" rispetto ai metodi classici, caratterizzata da forte interattività e basata sul coinvolgimento attivo dei discenti.
Lo studio di situazioni problematiche risale all’antichità (si pensi all’approccio maieutico), ma la definizione del PBL quale vero e proprio metodo d’insegnamento è relativamente recente.
La sua diffusione avviene negli anni ’60 negli Stati Uniti, in Australia e Nuova Zelanda e prosegue in Europa una decina di anni più tardi.
Le prime applicazioni si registrano in ambito medico e, progressivamente, si estendono anche alle scienze umanistiche, economiche, alla matematica, alle nuove tecnologie, alla formazione dei ragazzi e a quella degli adulti.
La metodologia del Problem Based Learning considera, come punto di partenza dell’apprendimento, un quesito che i discenti devono risolvere.
La situazione problematica è il focus del processo di acquisizione del sapere e, intorno a essa, vengono costruiti gli stimoli e gli strumenti per l’attività di risoluzione.
L’apprendimento non si attua ascoltando, bensì facendo, ricercando autonomamente le soluzioni al “puzzle” proposto. Gli esercizi di PBL consentono quindi un collegamento tra l’apprendimento teorico-cognitivo (knowing that) e quello tecnico-operativo (knowing how), arricchendo notevolmente l’efficacia della lezione.
Aspetto nodale delle esperienze di PBL è quello dell’analisi, dell’indagine e, infine, della scoperta come tappe fondamentali del processo di conoscenza.
Gli studenti, davanti ad un quesito da risolvere, sono chiamati ad attivare la capacità di autoapprendimento, a collegare una vasta quantità di informazioni e conoscenze per svilupparne di nuove.

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